Il portale WILL ha riportato una ricerca della ONG Global Witness secondo la quale – nel 2020 – sarebbero 227 le persone attive nella tutela ambientale assassinate in tutto il mondo. “Stando allo studio è emerso che gli omicidi sono avvenuti soprattutto in Paesi dove la libertà di espressione è limitata”, scrivono dalla piattaforma Instagram della società di informazione, “Colombia, Messico e Filippine sono le zone del mondo dove si sono registrate più vittime. La Colombia è stato per il secondo anno consecutivo il Paese con più uccisioni, 65, frutto di una tempesta perfetta fatta di mala interpretazione dell’accordo tra governo ed ex combattenti delle forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) che mirava alla trasformazione di colture illegali in colture legali, una diffusa corruzione e controllo del territorio da parte dei narcos”, aggiungono su WILL.
Indigeni e politici ecologisti presi di mira
I soggetti presi principalmente di mira fanno parte delle popolazioni indigene, bersaglio di quasi l’80% del totale degli omicidi che, secondo Global Witness: “potrebbero essere molti di più, visto che la maggior parte di questi vengono insabbiati dalle stesse autorità”. Gli altri sono figure politiche legate alla tutela dell’ambiente, proprietari di terreni privati e ranger a difesa di parchi naturali.
“I Governi stanno fallendo nel difendere gli ambientalisti”
Il report afferma che gli omicidi degli ecologisti avvengono quasi sempre per mano di sicari, guerriglieri e forza armate. I principali “settori” contro i quali gli attivisti si battono sono: disboscamento, costruzione delle dighe d’acqua, attività estrattive e agricoltura intensiva. “I governi stanno fallendo nel difendere l’ambiente e le persone che si impegnano strenuamente, dedicando la loro vita alla giustizia climatica”, conclude Global Witness.